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sommario > Capitolo 7. [M. Michelino:1970-1983 - La lotta di classe nelle grandi fabbriche di Sesto San Giovanni]

SI INTENSIFICA LA “ CACCIA AL TERRORISTA”

Eliminare gli operai ed i lavoratori più combattivi, espellere dai luoghi di lavoro le avanguardie per poi sferrare a fondo l’attacco alla classe operaia nel tentativo di far passare in modo indolore la ristrutturazione, è l’obiettivo dei capitalisti.

Negli anni ‘76-80 la difficoltà di organizzare lotte politiche e sindacali autonome indipendenti dal controllo del PCI e del sindacato era evidente; la criminalizzazione di chiunque si muovesse sul terreno della lotta di classe - schiacciato fra lo stato e i sostenitori della lotta armata come unica forma di lotta - insieme all’evidenziarsi del fallimento e al conseguente scioglimento dei gruppi extraparlamentari (Lotta Continua, Movimento Lavoratori per il Socialismo, Democrazia Proletaria, Marxisti-Leninisti, ecc.) aveva creato, nei militanti delusi, la voglia di scappare dalla fabbrica. E le extraliquidazioni che i padroni mettevano a disposizione per “aiutarli” a lasciare le fabbriche rientravano nella tattica del bastone (la repressione) e della carota (i soldi), per eliminare potenziali agitatori e organizzatori della resistenza operaia.

L’attacco della FIAT alle avanguardie, la manifesta collaborazione sindacale di CGIL-CISL-UIL alla ristrutturazione nel nome del profitto, sono segnali che aprono la strada ad una massiccia epurazione.
In tutte le grandi fabbriche la ristrutturazione comincia con l’eliminazione, attraverso i licenziamenti politici e la cassa integrazione, dei lavoratori più combattivi.

Alcuni settori dell’Autonomia Operaia - teorizzando e praticando il “rifiuto del lavoro”, sostenendo che, in quanto garantiti, gli operai sono completamente integrati nel sistema capitalista - inducono i loro militanti operai ad abbandonare le fabbriche in quanto non più luogo cruciale dello scontro di classe.
L’autolicenziamento di 5 lavoratori della Falck di Sesto S. Giovanni con buonuscite dà lo spunto al sindacato per intensificare nelle fabbriche l’attacco contro chi lo contesta.
Chi non accetta di sottoporsi pacificamente allo sfruttamento viene isolato e si preparano le condizioni per future azioni repressive.
L’azione repressiva viene mistificata, il fatto che non sia vista dalla maggioranza degli operai come rivolta contro di loro, le loro lotte ed i loro interessi, ma come necessità per eliminare i terroristi in fabbrica, dimostra la difficoltà di lavorare politicamente su posizioni anticapitalistiche in fabbrica. 60


Volantino 1

I PADRONI COLPISCONO GLI OPERAI PIU’ COMBATTIVI

Nei giorni 22-23 gennaio, 14 operai dell’Alfa sono stati perquisiti di notte, buttando all’aria le loro case con armi in pugno, sotto la imputazione di
“FONDATO MOTIVO DI SOSPETTARE CHE VI SI POSSANO RINVENIRE TRACCE DEL REATO DI PARTECIPAZIONE A BANDA ARMATA”.

CHI SONO QUESTI OPERAI?

Tutti gli operai perquisiti sono compagni riconosciuti sulle catene che ad ogni attacco hanno sempre risposto schierandosi in difesa dei nostri interessi, portando avanti rivendicazioni per passaggi di categoria per il 4º livello automatico, lottando contro gli aumenti di produzione e contro la nocività, (lotta contro l’aumento dei carichi di lavoro in verniciatura ed abbigliamento, la lotta dei cabinisti della sala prove motori, ecc.).

PERCHE’ QUESTE PERQUISIZIONI?

Oggi nella crisi, ogni capitalista ha la necessità di rendere le proprie merci più competitive per poter conquistare fette più grosse di mercato. Per realizzare ciò, è inevitabile un aggravamento delle nostre condizioni di sfruttati, attraverso aumenti della produttività e un maggior consumo della forza-lavoro con aumento dei ritmi e dell’orario di lavoro (più straordinari e introduzione del turno notturno).

Diventa quindi indispensabile per ogni padrone prevenire ogni forma di organizzazione tra gli operai.
La campagna contro il terrorismo e la conseguente caccia alle streghe, servono ad eliminare dalle fabbriche tutti quegli operai che si sono posti in prima fila nelle lotte contro ogni aumento dello sfruttamento.

OPERAI, NON C’E’ NESSUNA COMPATIBILITA’ TRA I NOSTRI INTERESSI E QUELLI DEI PADRONI.

COMPITO DI TUTTI GLI OPERAI E’ DI ORGANIZZARSI PER LA DIFESA DEI PROPRI INTERESSI MATERIALI, IMMEDIATI E STORICI.

ORGANIZZIAMOCI PER DIFENDERE I COMPAGNI OPERAI COLPITI DAI PROVVEDIMENTI REPRESSIVI.

Milano 26.1.1980
Gruppo Operaio Alfa Arese



Volantino 2

ARRESTATO UN OPERAIO IN FABBRICA

Alla Breda Fucine una squadra di poliziotti entra nei reparti e preleva un operaio del 2° turno. Sorvegliato a vista, viene fatto lavare e cambiare da un agente in borghese mentre un altro perquisisce l’armadietto e il bidone dei rifiuti in cerca di “ prove”. Sono le 9 di sera e nessuno si rende conto di quanto è avvenuto. Per due giorni non viene chiarito il motivo dell’arresto, i giornali non sprecano un rigo, la notizia non deve far scalpore, nessuno deve indignarsi, si tratta di un operaio.

Il C.d.F. non indice una fermata di protesta né un’assemblea sulla gravità dell’episodio. Un semplice comunicato - che giustifica l’operazione, esprime solidarietà ai lavoratori della polizia e non all’operaio colpito - invoca un dibattito sulle leggi speciali, già ampiamente dibattute e approvate col voto decisivo dei “partiti operai” che controllano il sindacato. Solo due giorni dopo l’operaio viene rilasciato per “mancanza d’indizi”; non è emerso nulla a suo carico! Il comunicato del C.d.F. si limita a informare dell’avvenimento senza alcun commento. Evidentemente è tutto normale. C’è da combattere il terrorismo e non si può andare per il sottile. Le leggi speciali sono necessarie alla democrazia borghese.

MA QUAL’E’ IL VERO OBIETTIVO DELLE LEGGI DI POLIZIA?

All’Alfa di Arese, alla Fiat e nelle maggiori fabbriche gli operai più combattivi vengono perquisiti, prelevati dai reparti, indiziati di “sospetta partecipazione a banda armata”. Anche se rilasciati per l’evidente inconsistenza degli indizi, pende sul loro capo il ricatto. Bollati come probabili terroristi, licenziabili alla prima occasione come elementi indesiderabili, come per i 61 della Fiat. Per restare in galera invece, basta un fantasioso identikit della polizia, un volantino BR infilato di proposito nell’armadietto e una telefonata anonima dei zelanti paladini dello stato in fabbrica.

I padroni possono così neutralizzare gli operai che non si disciplinano alla linea dei sacrifici e organizzano nei reparti la difesa degli interessi operai. Questo è il vero obiettivo che si vuol perseguire, mentre la lotta al terrorismo è solo la copertura politica che i gruppi armati offrono su un piatto d’argento al capitale. Di fatto, 10 anni di azioni isolate non hanno neppure scalfito lo stato, ma anzi esso si è rafforzato mentre gli operai hanno dovuto subire disorganizzati gli attacchi economici e politici più duri del dopoguerra.

Il potere dei padroni non si alimenta tanto della salute dei propri funzionari, ma dei profitti estorti agli operai. Non si tratta quindi di tutelare capi, poliziotti, magistrati con nuove leggi. Questi, come individui, sono intercambiabili e addirittura in soprannumero. Lo stesso Moro può essere sacrificato in nome della continuità delle istituzioni e rapidamente rimpiazzato. Ciò che non può essere rimpiazzato, invece, è il calo dei profitti. Gli operai devono continuare disciplinatamente a farsi sfruttare o tutto il sistema del capitale crolla miseramente.

La competitività internazionale è nella crisi una questione di vita o di morte per vasti settori industriali, e le misure che essa richiede, i nuovi attacchi ai salari, la produttività, il peggioramento complessivo della condizione operaia spingono nuovi settori alla necessità di difendersi con la lotta.

Le leggi che i padroni utilizzano oggi per stroncare le avanguardie in fabbrica sono gli strumenti per colpire gli operai in lotta, impedire che si organizzino come classe rivoluzionaria quando la camicia di forza dei partiti “operai” borghesi comincerà a cedere.

OPERAI,
NESSUNA AZIONE REPRESSIVA CONTRO QUALSIASI OPERAIO DEVE PASSARE SOTTO SILENZIO!

Esprimiamo la nostra solidarietà al compagno colpito e organizziamoci nei reparti perché la prossima occasione veda una pronta risposta.

10/2/1980
Gruppo Operaio Breda Fucine



Comunicato dell’esecutivo del Consiglio di fabbrica

HANNO CALATO LA MASCHERA!

Nei giorni scorsi, 5 lavoratori della Falck Vittoria, aderenti al “collettivo politico operaio”, hanno contestualmente rassegnato le dimissioni, dopo essersi accordati con la direzione su un elevato valore di extra-liquidazione (25 milioni cadauno).

Questo fatto, già verificatosi in altre aziende, chiarisce ulteriormente la natura e la finalità di alcuni individui presenti, sotto sigle diversificate, in molte fabbriche.
Protagonisti di questo squalificante, ma per loro ben vantaggioso trattamento, sono difatti alcuni personaggi che alla Falck si sono caratterizzati pubblicamente in questi anni per il loro livore antisindacale, bollando di “venduti” i delegati più impegnati, assumendo pertanto atteggiamenti di scontro più che di confronto.

Pare, invece, alla luce di quanto accaduto, che proprio coloro che si autoproclamavano “autentici difensori” degli interessi dei lavoratori, siano rimasti vittime delle lusinghe padronali. Sono rimasti affascinati da quel denaro, da quel capitale tanto a parole detestato. Che avevano più volte promesso di dividere fra tutti in parti uguali: quel denaro che il padrone ancora una volta, sempre riconoscente con i suoi servi, e’ stato ben felice di sborsare solo per loro.

ESECUTIVO DEL CONSIGLIO DI FABBRICA BREDA FUCINE SpA

12/5/1980



Volantino 3
C’E’ CHI CALA LA MASCHERA E CHI CALA …. LE BRAGHE

L’esecutivo del CdF ci comunica l’autolicenziamento dei 5 lavoratori della Falk V. dietro compenso di 25 milioni, e si indigna perché i 5 sono stati “affascinati da quel denaro, da quel capitale tanto a parole detestato”. Il risentimento è ancora più giustificato in quanto pare che i 5 “avevano più volte promesso di dividere fra tutti in parti uguali” e invece il padrone ha deciso di sborsare solo per loro”.

L’esecutivo comunque pare soddisfatto perché crede, con questo esempio, di dimostrare “la natura e le finalità di alcuni individui presenti sotto sigle diversificate in molte fabbriche”. Dunque ci risiamo. Chi critica “pubblicamente” la politica antioperaia dei sacrifici o bolla di venduti i delegati più “impegnati”, o è un terrorista, o un fiancheggiatore, o prende i soldi dal padrone. Il riferimento alla BREDA FUCINE, anche se non dichiarato, è assai evidente.

Ma i protagonisti di questa squalificante operazione inciampano nei loro stessi argomenti. Infatti i padroni non sborsano i loro soldi per eliminare dalle fabbriche i loro servi. Al contrario, pagano per tenerseli, tanto è vero che, con la copertura sindacale, i burocrati del PCI sono tenuti da anni staccati dalla produzione per predicare a tempo pieno tra gli operai la politica dei sacrifici, della produttività e della difesa dell’economia nazionale. Effettivamente “il padrone è sempre riconoscente con i suoi servi”, tanto da licenziare con, e più spesso senza, extra-liquidazioni, chi si permette di criticarli pubblicamente.
Il fenomeno degli autolicenziamenti va spiegato diversamente.

Chi si era illuso di realizzare il contropotere in fabbrica sulla base dei rapporti di forza e di attrarre gli operai alle fantasie della piccola borghesia scontenta, ora scopre che la realtà è diversa, la crisi rende i padroni più “cattivi”, e le organizzazioni del ’68 hanno dimostrato in pieno il loro fallimento. Con l’alibi che gli operai “non capiscono” perché “stanno bene”, abbandonano le fabbriche mettendo a frutto la loro fama di “sovversivi” per racimolare un po’ di soldi.

Altri non lasciano la fabbrica, ma utilizzano il loro passato “contestatario” per far carriera presentandosi come copertura di sinistra alle scelte antioperaie. Eletti nei CdF, si allineano puntualmente alle operazioni più squallide come il comunicato in questione.
Sono due facce della stessa medaglia. C’è chi cala la maschera per 25 milioni, e chi cala le brache per un piatto di lenticchie.
La massa degli operai, invece, non può beneficiare di super-buonuscita, né di facili carriere.

La crisi spinge a prendere coscienza della propria condizione di sfruttati e inevitabilmente si riproduce un’avanguardia di classe.
Le condizioni per la costruzione di un partito della classe operaia vanno maturando nonostante l’ingloriosa fine delle ex-avanguardie.

4/5/1980
Gruppo Operaio Breda Fucine