sommario
> Capitolo 5. [M. Michelino:1970-1983 - La lotta di classe nelle
grandi fabbriche di Sesto San Giovanni]
1979: L’ANNO DEL CONTRATTO E DELLE ELEZIONI
POLITICHE
Il 1979 è l’anno del contratto dei metalmeccanici e
delle elezioni politiche e, come si sa, durante le elezioni in Italia la “lotta
di classe” viene messa ufficialmente “in soffitta”. I contratti vengono
congelati e lo scontro di classe lascia lo spazio al pacifico confronto
attraverso la conta delle schede elettorali. I risultati raggiunti dalla lotta
sindacale sono al di sotto delle richieste avanzate nelle piattaforme e i
sindacati cercano di addossare agli operai della Fiat la colpa dei magri
risultati raggiunti nelle trattative.
Come sempre succede in questi casi,
nelle assemblee di fabbrica il dibattito è acceso.
I bilanci ed i giudizi
sulle responsabilità si contrappongono. La lotta schiera i fronti e determina le
alleanze. Il PCI ed i partiti parlamentari fanno quadrato a sostegno delle tesi
di CGIL-CISL-UIL. I gruppi extraparlamentari presenti in fabbrica, seppur con
toni diversi, fanno scelte simili a quelle sindacali.
Come mai gli operai
hanno approvato un contratto che non risponde alle loro esigenze?
Come si
sono espressi i vari settori di lavoratori? Su questo fanno luce i volantini che
seguono.
Intanto i partiti fanno il bilancio dei risultati elettorali e
naturalmente nessuno ha perso!
Invece i lavoratori, al ritorno dalle ferie,
si trovano aumenti generalizzati dei prezzi.
(Due
canzoni sindacali di Franco Rusnati, operaio della Breda)
Gli sfruttati
L’autunno caldo ormai se
n’è andato e molti frutti a noi ha lasciato.
Quell’unità da tempo
cercata
è il dono di una lotta consumata:
or gli sfruttati giorno per
giorno
meditan, studian, quel che sta attorno,
lottano in fabbrica e in
ogni rione.
Ci siamo tutti. tutti contro il padrone!
Gli sfruttati son
scesi in battaglia, cambierà il corso della sua storia.
Tutti uniti siam
forza e ricchezza e i padroni noi non li vogliam!
Della Breda noi siamo i
coglioni che fra polvere, fumo e rumori
siam sfruttati dai nostri padroni or
giustizia noi vogliamo far.
Operai della Breda di Sesto la salute è la
cosa più bella
non ti far rovinare anche quella per la faccia del tuo
padron!
Operai della Breda di Sesto fai suonar la campana a
martello
chiama tu gli operai all’appello in battaglia bisogna
tornar.
Operai tutti insiem scioperiamo contro chi ci vuoi male e ci
sfrutta
contro chi di noi tutti si infischia intascandosi tanti
milion.
Operai della Breda di Sesto fai suonar la campana a
martello
chiama tu gli operai all’appello in battaglia bisogna
tornar.
Padroni ci volete
spaventare
Padroni ci volete spaventare creando crisi pur di non
mollare;
questa è una vecchia storia nessuno più la beve,
voi siete la
rovina da ‘stu paese.
Ormai
anche tra noi è maturato ci siam formati un solo sindacato;
è una lotta di
classe contro gli sfruttatori uniti vanno avanti i lavoratori.
Le
frottole che avete raccontato è merce che ormai non fa più mercato;
noi siam
lavoratori di forgia e fonderia
voi siete chi rovina
l’economia.
Striscioni e cartelloni son preparati campane e campanacci
ben ‘cordati;
siam tutti in prima fila impazzir noi vi faremo
‘n minuto in
più di voi resisteremo.
E adesso che incomincia la battaglia per
estirpare tutta ‘sta marmaglia;
noi non vogliamo guerre, né croci né
onori
voglion sol cose giuste i lavoratori.
Noi non vogliamo guerre né
croci né onori voglion sol cose giuste i lavoratori.
Volantino
1
CONTRATTO ’79
LE
ASSEMBLEE DI FABBRICA SULLA BOZZA CONTRATTUALE SI SONO CONCLUSE.
Cerchiamo di
tracciare un bilancio di come sono andate nelle principali fabbriche.
CHE
OBIETTIVI SI PREFIGGEVANO LE ORGANIZZAZIONI SINDACALI?
Dovevano convincere su
tre questioni fondamentali:
1. che le richieste salariali e normative devono
stare entro i limiti imposti dall’economia nella crisi, cioè non devono creare
problemi ai capitalisti e ai loro profitti, per non scoraggiarli dagli
investimenti.
2. dato per scontato questo cappio al collo non si può certo
parlare di miglioramenti, quindi anche un parziale recupero sul costo della vita
viene spacciato come “grande conquista”.
3. la riduzione d’orario diventa il
grande obiettivo degli “anni ’80" che “servirà ad aumentare l’occupazione”,
purché si accetti il 6x6 (in meridione).
MA QUALE PUNTO DI VISTA VOLEVA
IMPORCI IL SINDACATO?
1. I profitti sono un diritto inalienabile, da
difendere al di sopra di tutto.
2. Gli operai non devono elevarsi dalla loro
condizione di sfruttati, ma non possono neppure morire di fame; qualche aumento
bisogna pur darglielo per permettergli, giorno per giorno, di vendere le proprie
braccia di schiavi salariati. Gli aumenti vanno riferiti alla gerarchia di
fabbrica: l’aristocrazia operaia deve avere di più, per legarla al cappio e
assicurarsi il controllo sugli strati più bassi.
3. Se una riduzione d’orario
è possibile, questa deve servire non già a eliminare la fatica ma ad aumentare
la produttività, ovvero che in 7.30 ore si riesca a succhiare più lavoro che in
8 ore.
Ciò che il sindacato voleva farci accettare è né più né meno che
il punto di vista dei padroni sulla condizione operaia.
Così ragionano i
padroni intelligenti, sapendo che lotte economiche sono inevitabili, e così
ragiona il sindacato, oggi che si è fatto veicolo di questa concezione fra gli
operai.
Funzione delle assemblee era di farci accettare questo punto di
vista, ottenere il nostro assenso ad una piattaforma caratteristica del
sindacalismo borghese.
NELLE ASSEMBLEE, SIA DI REPARTO CHE GENERALI,
QUALI SONO STATE LE FORZE IN CAMPO?
Tutto l’apparato sindacale, sino ai
più ligi delegati, si è mobilitato per far approvare la bozza; tutto è stato
usato nelle varie fabbriche durante le assemblee. Dalla demagogia alla fumosità
dei discorsi, sino al gonfiamento delle cifre, promettendo soldi da tutte le
parti (70- 80 mila lire) quando tutti sanno che il costo medio del contratto non
deve superare le 30.000 lire scaglionate in tre anni, e sarà questo a decidere
in fase di trattative.
Non sono mancate come al solito le intimidazioni,
in qualche fabbrica vere e proprie provocazioni, nei confronti dei compagni che
criticavano la bozza. Quando il sindacato parla di democrazia parla di questo:
intimidazioni, raggiri per spacciare per approvata dalla maggioranza decisioni
che sono già state prese altrove.
Gruppo Operaio Breda Fucine
Gennaio
1979
Volantino 2
ELEZIONI!
MA CHI HA PERSO ?
Il PCI NO! Il secco 4% in meno (circa
1.500.000 voti) non è una sconfitta ma una “battuta d’arresto”! I voti del
grande balzo del ’76 non sono scappati tutti. Figuriamoci la DC. Solo uno 0,4 %
in meno. Le posizioni vengono mantenute e si ridimensionano le velleità
governative del PCI.
Il PSI non ha trionfato, ma resta l’ago della
bilancia tra piccolo e grande compromesso. E i partiti minori? Il loro “zero
virgola qualcosa” è un successo. I radicali stravincono! E’ il trionfo ma hanno
scarsa pubblicità. Vogliono importare il gioco inglese dell’alternanza governo/
opposizione per riaccreditare le istituzioni del democratico sfruttamento della
forza lavoro.
E la nuova sinistra? In fondo la sconfitta ripropone
l’urgenza dell’unità a sinistra e quindi è una mezza vittoria. Crollano i miti,
ma non quello sulla transizione al socialismo tramite elezioni.
In definitiva
ha vinto ancora la democrazia borghese: tutti insieme senza distinzioni di ceto
e di sesso, liberamente, abbiamo potuto scegliere chi deve rappresentare in
parlamento gli interessi del capitale per il più razionale sfruttamento operaio.
Ma con quale formula? Qui l’euforia è molto contenuta. 6 milioni di elettori non
si sono presentati al rito. Tra questi, 2 milioni hanno annullato la scheda per
protesta.
E’ il terzo partito in assoluto, e in ascesa costante. E’ stata
definita crisi di credibilità, della rappresentatività dei partiti e del
parlamento. La farsa elettorale mostra profonde crepe.
Ma neppure la
batosta del PCI fa esultare i borghesi più intelligenti. La crisi procede
nonostante i sacrifici imposti agli operai e l’accresciuta concorrenza
internazionale richiede nuovi livelli di competitività. Se gli operai rompono il
controllo del PCI, chi potrà convincerli ai nuovi sacrifici? E non ci sono
dubbi: i voti persi sono soprattutto di operai, anche se alcuni strati dei ceti
medi hanno ritirato i loro (si può anche ingrassare il cane da guardia da tenere
in giardino, ma altra cosa è ritrovarselo maggiordomo con le chiavi della
dispensa) -3% a Genova, -4% a Milano (Sesto -4%), -6% a Torino. Le maggiori
concentrazioni operaie del triangolo industriale hanno risposto così all’appello
reazionario della difesa dei profitti del capitalismo nazionale.
Ora
Berlinguer deve rassicurare tutti. Anche l’opposizione sarà costruttiva e
responsabile con le esigenze dell’imperialismo italiano. Ma perché gli operai
non hanno capito che “l’austerità è l’occasione storica per trasformare
l’Italia”? La risposta non è difficile. Occasioni come queste per gli operai ci
sono sempre state come condizione storica sotto il capitale!
Che ora sia il
PCI a sostenerle non cambia la sostanza: anche se in nome di un originale
socialismo con padroni e banchieri, si chiama sempre sfruttamento. Ma il
capitalismo di stato non si realizza con le trovate politiche di Berlinguer.
Dopo 35 anni di anticamera il PCI comincia ad essere individuato come partito
borghese. E ancora non è entrato nel gabinetto d’affari della
borghesia.
Intanto gli operai della Fiat spazzolano i reparti spingendo i
capi davanti e con i burocrati sindacali a corrergli dietro. Costruire un
partito di classe che punti al rovesciamento del capitale. Questo è il compito
all’ordine del giorno. E per la socialdemocrazia saranno tempi
duri.
Giugno 1979
Gruppo Operaio
Breda Fucine
Volantino 3
ANCORA SUL CONTRATTO
Il contratto è
passato.
Con il ricatto economico dell’aumento salariale (già oggi smangiato
dall’aumento dei prezzi) e le 80.000 lire prima delle ferie (40.000 a settembre)
i vertici sindacali sono riusciti nel loro scopo: hanno fatto passare un
contratto che prevede una serie di misure padronali (la mobilità, l’aumento
delle ore straordinarie, il controllo fiscale sulle malattie, l’aumento della
produttività), subordinando gli interessi e le condizioni materiali degli operai
alla logica della “economia nazionale” e della competitività dell’imperialismo
italiano.
Ancora una volta gli operai, senza un’organizzazione di classe
che li difenda, hanno dovuto soccombere. Inoltre, durante l’assemblea, c’è stato
il tentativo di attribuire i “limiti” del contratto agli operai della Fiat i
quali, partiti in quarta con gli scioperi, sarebbero arrivati spompati.
Sostenere questa argomentazione, come ha fatto qualche delegato, significa
coprire il culo al sindacato scaricandolo delle sue responsabilità. E’ vero il
contrario!
Sono stati proprio gli operai della Fiat scesi in lotta
rompendo il controllo sindacale con il blocco delle linee su problemi di reparto
come la nocività, i servizi interni (docce, cessi, ecc.) a dare uno scrollone
anche per la trattativa finale, come dimostra l’alto prezzo che essi hanno
pagato (150 ore di sciopero, parecchie giornate di “libertà” per migliaia di
operai, 5 licenziamenti).
Continuare la lotta in queste condizioni, su
una piattaforma che rappresentava solo gli interessi dell’aristocrazia operaia e
della burocrazia sindacale non era certo nell’interesse degli operai delle
catene della Fiat e neanche nostro; è questa una delle ragioni per cui il
contratto è passato. Solo i sostenitori del capitale, come la stampa padronale e
l’Unità, possono dire che questi contratti hanno dimostrato “l’arroccamento”
della classe operaia intorno al sindacato.
La presenza degli operai alle
assemblee, alle manifestazioni e a quelle forme di lotta è stata molto scarsa.
In questo contratto, come dimostrano le assemblee non solo alle Fucine ma nelle
fabbriche dove le avanguardie hanno lavorato in questi mesi, si è espressa una
minoranza degli operai degli strati bassi che hanno cominciato a capire
l’esigenza di scindere i loro interessi da quelli della “economia nazionale”
sostenuta dal sindacato collaborazionista: Alle Fucine questa minoranza si è
espressa nei 28 voti contrari (nonostante che i “rivoluzionari” centristi* si
siano astenuti per non inimicarsi il sindacato); in altre fabbriche di Sesto,
come alla Falck Unione nei 53 voti contrari (120 a favore su 300 presenti).
Questi dati, pur se di minoranza, sono una dimostrazione della tendenza in atto
fra gli strati bassi del proletariato.
Compagni operai,
le misure
antioperaie di questo contratto si evidenzieranno agli occhi della maggioranza
fra pochi mesi. Per questo è necessario organizzarci nei reparti per la difesa
dei nostri interessi materiali.
luglio 1979
Gruppo Operaio Breda Fucine
* Per
“Rivoluzionari Centristi” si intendono gli ex militanti di Democrazia
Proletaria, Lotta Continua, Movimento Lavoratori per il Socialismo e Lotta
Comunista, presenti in fabbrica.
I militanti dei “gruppi combattenti”, data
la posizione di infiltrazione nel PCI e nel sindacato votavano sempre in favore
del sindacato.
Volantino 4
IL GOVERNO CONTINUA A SFORNARE DECRETI SUL
CAROVITA
Con quotidiana progressione il governo continua a
sfornare i decreti del carovita. Non c’è neppure bisogno della formale alzata di
mano in parlamento: tutte le forze politiche sono solidali quando si tratta di
colpire gli operai. Ma oltre l’azione centralizzata del loro gabinetto d’affari,
singoli capitalisti, bottegai, speculatori d’ogni tipo provvedono personalmente
a “ritoccare” i propri introiti.
Se noi per 30.000 lire scaglionate in 3
anni abbiamo dovuto pagare 120 ore di sciopero, a questi difensori dell’economia
nazionale basta aggiungere una cifra sul cartellino dei prezzi per incamerare
miliardi.
Pane, pasta, abbigliamento calzature, tutti i generi di prima
necessità vengono rincarati al ritmo del 1.3% al mese. Il risultato è un aumento
nel solo 1979 del 15,5% (la fonte è governativa e non contempla tutti i generi
di consumo). Soltanto in quest’ultimo mese di settembre i prezzi sono aumentati
del 2,4%.Una ulteriore impennata è prevista a novembre-dicembre per l’assalto
alla tredicesima.
30.000 lire su un salario di 350.000 è meno del 10%.
Scaglionato in 3 anni supera appena il 3% in una busta paga già ampiamente
falcidiata dalle tasse progressive. Chi viene colpito dunque? Secondo le
burocrazie sindacali non basta chiedere soldi; bisognava invece “modificare i
rapporti di controllo nella società”. Bisognava pensare ai disoccupati, agli
emarginati, ecc. Cosa fanno ora contro questi aumenti? Si lamentano col governo
perché non sono “programmati” (concordati col sindacato) e colpiscono in modo
“indiscriminato”. E’ pura demagogia per far credere che gli aumenti potrebbero
essere diretti da qualche altra parte e non sugli operai. Ma in questo sistema i
capitalisti e in genere le classi superiori non si possono colpire, anzi, sono
proprio loro i beneficiari della politica dei prezzi.
Ciò che viene
colpito invece e necessariamente è il salario operaio, per riportare al minimo
il valore della forza lavoro per tirare a fine mese.
Intanto i disoccupati
non solo aumentano di numero, ma si trovano completamente indifesi sotto la
raffica di aumenti. I cosiddetti “sacrifici” degli occupati, che dovevano
servire a migliorarne la condizione, sono stati solo un’arma di pressione per
mantenere bassi i salari.
I disoccupati intanto sono in piena balia di
bottegai e padroncini che possono sfruttarli senza alcun limite.
Chi ci
difende dunque? Secondo gli stessi “sovversivi” della nuova sinistra noi saremmo
i “garantiti”. Abbiamo il privilegio di farci sfruttare solo 8 ore su 24 e la
scala mobile che ci tutela il potere d’acquisto, nonché il sindacato che ci
difende. Ma dopo Lama ora Benvenuto chiarisce il tipo di difesa:
“Il
sindacato ha due strade. La prima è quella di continuare a difendere allo spasmo
scala mobile, salario, posto di lavoro. Ma dobbiamo sapere che su questo piano
le linee di arretramento saranno progressive.” Quindi, se su questo piano
dovremmo “arretrare” dove potremo difenderci?
Benvenuto non ha dubbi sulla
seconda strada: “Invece io dico: qui non si tratta di stringere semplicemente la
cinghia, ma di rimboccarci le maniche. Una più elevata produttività consentirà
maggiori margini salariali e nuovi spazi di lavoro.”
Un imprenditore
illuminato sa bene che agendo solo sui prezzi alla lunga si alimenta
l’inflazione, con perdita di competitività delle merci italiane nel mercato
internazionale. Per questo bisogna “rivedere i meccanismi della scala mobile”,
aumentare la produttività, licenziare gli eccedenti, costringere gli operai al
lavoro straordinario.
Anche per Benvenuto la maggior produttività passa
per l’intensificazione dello sfruttamento, oltreché della miseria. Vita sottile
e maniche rimboccate dunque è la nuova moda dell’operaio nella crisi.
Naturalmente non per i profitti dei padroni, ma per un “domani” di alti salari e
piena occupazione.
Sarebbero questi i nostri
rappresentanti?
Compagni,
OGGI NESSUNO DIFENDE GLI OPERAI SE NON GLI
OPERAI STESSI.
Ogni misura che passa pacificamente, senza suscitare la
protesta operaia incoraggia una nuova e più pesante misura.
Bisogna
organizzare la nostra difesa dentro le fabbriche.
Costruiamo ovunque
possibile comitati operai di difesa contro le misure di sfruttamento e
immiserimento gestite da governo e sindacato per i profitti
padronali.
Solidarietà con i disoccupati significa combattere contro chi ci
colpisce entrambi.
Settembre 1979
Coordinamento operaio di Sesto delle
fabbriche:
Breda Fucine, Breda Termomeccanica, Falck Unione, Alfa Arese,
Borletti