Il Manifesto, 19 Agosto 2000
KOSOVO
La fabbrica bonificata. Dai serbi
LORIS CAMPETTI
E poi dicono che i signori dell'Impero non si occupano della salute dei
loro sudditi. Se ne preoccupano a tal punto, che nella loro proverbiale lotta contro
l'inquinamento nei territori conquistati, o liberati che dir si voglia, hanno decretato la
chiusura di una fonderia, colpevole di sporcare quello straordinario parco naturale che si
chiama Kosovo. E' successo nei giorni di Ferragosto, silente quando non compiacente la
stampa occidentale: un'opera buona, in fondo, l'ennesimo intervento umanitario.
Per chi conosce il Kosovo, la Jugoslavia, i Balcani in generale, la notizia della chiusura
della fonderia vicino Kosovska Mitrovica sortisce l'effetto di un pugno in faccia. Quello
stabilimento fa parte di uno dei più imponenti impianti minerari dei Balcani, in parte
dismesso. La parte attiva degli impianti è stata consegnata dai "liberatori"
della Nato nelle mani degli albanesi, che hanno prontamente provveduto - con la copertura
e l'aiuto economico dell'Occidente, compresi i sindacati confederali italiani - a cacciare
tutti i serbi che ci lavoravano. Solo in un'enclave dell'impianto minerario hanno
continuato a lavorare gli operai serbi: proprio quello che la scorsa settimana è stato
chiuso dalle forze d'occupazione occidentale, provocando la reazione più che
comprensibile degli operai che ci lavoravano e delle loro famiglie. Un pezzo alla volta
l'intero Kosovo deve essere ripulito dagli ultimi serbi residuali, e anche le ultime
enclave come quella di Kosovska Mitrovica devono essere liberate, e consegnate ai kosovari
di etnia albanese o agli albanesi di Albania, che a decine di migliaia hanno varcato il
confine che non esiste più con quella che era - e resterebbe, in base agli accordi di un
anno fa - Jugoslavia.
Il Kosovo e tutta la Jugoslavia sono state trasformati dai bombardamenti della Nato
nell'immondezzaio dell'Occidente: i nostri lettori sanno tutto, ormai, delle bombe
all'uranio, come dell'effetto provocato dalla distruzione di fabbriche chimiche e
petrolchimiche. Abbiamo scritto che nel sud della Serbia i tumori al seno sono raddoppiati
nell'ultimo anno, che l'intero sistema fluviale della Vojvodina è stato avvelenato, per
non parlare del Danubio e dei bambini geneticamente modificati, venuti alla luce a
Pancevo. Ma è il Kosovo la regione Jugoslava più devastata: aria, terra e acqua
avvelenate, un deserto liberato dai serbi, ma anche dalla vita. L'unica eredità lasciata
dalla guerra umanitaria è la pulizia etnica, condita dalle cluster-bomb su cui uomini,
donne e bambini di ogni etnia continuano a saltare in aria. La chiusura della fonderia di
Mitrovica è l'ultimo atto, in ordine di tempo, di un intollerabile genocidio.
P.S. Vi ricordate la miniera d'oro nel nord-ovest della Romania, l'Aurum, quella che da gennaio a oggi ha avvelenato il Somes, il Tibisco, il Danubio con i suoi rigurgiti di arsenico e metalli pesanti? Dopo un mese di chiusura, la multinazionale australiana che ne è comproprietaria ha già annunciato la sua riapertura, con i complimenti dell'Unione europea. E l'Aurum ha ricominciato a vomitare arsenico e metalli pesanti su Romania, Ungheria e Jugoslavia. L'ambiente, nei Balcani, è una variabile dipendente del profitto. A meno che, l'ambiente non debba essere ripulito dal più inquinante degli elementi esistenti in natura: i serbi. Solo in questo caso è previsto il disinquinamento, come nella fonderia di Kosovska Mitrovica.